Mercoledì, nel cuore di Roma, davanti a Palazzo Montecitorio, c’era anche lui. Come poteva mancare? La Repubblica italiana salutava, con tutti gli onori, Pietro Ingrao. Palco, bandiere rosse, nuovi parlamentari renziani mescolati alla vecchia guardia, un po’ in disarmo, della sinistra romana. Citto Maselli sulla sedia a rotelle, Ettore Scola sul palco, la moglie di Bertinotti seduta su una fioriera, il marito sul palco, Giovanni Russo Spena che si aggirava nella folla sperando (invano) di essere riconosciuto, Nicky Vendola assorto in un angolo a guardare le corone di fiori appoggiate al muro.
E poi lui, Antonio Bassolino, ingraiano storico, pupillo dell’ex presidente della Camera, che col volto tirato, al braccio della moglie Anna Maria Carloni, si aggirava al di là delle transenne, nell’aria vip. Per una volta, però, faceva capanno. Cercava lui un po’ tutti, stringeva le mani, sorrideva, dava pacche sulle spalle. Parlava del compagno Pietro, certo. Ricordi, pensieri, un filo di amarezza ma anche sorrisi come si deve quando ad andarsene è un uomo di cento anni che ha ben vissuto.
Ad un certo punto, Bassolino getta il cuore oltre l’ostacolo. Letteralmente. Decide di uscire dal recinto dei vip, di superare le transenne, di mescolarsi alla gente comune. Va quasi a cercare il contatto. Saluta gli operai delle acciaierie di Terni, che lo ricambiano con affetto. Si ferma con lo scrittore di “teledurruti”, Fulvio Abbate; gli dà una pacca sul petto, scuote la testa col suo sorriso sornione. Poi Abbate, lesto, gli chiede: “Allora, ti candidi?”. E lì, Totonno allarga il sorriso. Non dice no. Non dice sì. Sorride a denti larghi e non risponde. “Ho capito – fa Abbate – ti candidi. In bocca al lupo”. Bassolino riprende il sorriso, stringe una smorfia come a dire che porta male, poi saluta, trascina il braccio della moglie e riguadagna la gente. Per parlare, salutare, farsi salutare. Sembrano le prove generali di una campagna elettorale.
Erano anni che non si vedeva un Bassolino così. Dopo il passaggio di consegne con Caldoro, nel 2010, ha tenuto ostinatamente un profilo basso. Le montagne, i nipotini, i social network dove usa il metodo Gianni Morandi: sorrisi, interni familiari, gentilezza con tutti, qualche frecciatina a de Magistris. Per il resto, una vita nell’angolo. Quello della fondazione Sudd: presentazioni di libri per pochi intimi, qualche chiacchierata con giornalisti amici e sempre con rigore istituzionale. Quel profilo basso non esiste già più. Il tema non è se si candida oppure no alla carica di sindaco di Napoli, perché Bassolino è già tornato, è già di nuovo in campo. Si è tolto la polvere dalla testa, muove già le sue pedine. A Napoli lo fa ancora con cautela: conosce come pochi la città, sa che deve gestirsi nel rapporto con il popolo, dove è comunque pronto a calarsi, ma non in convegni e assemblee: passeggiando nei vicoli, facendosi vedere, stringendo mani. Facendosi chiedere di candidarsi, più che volerlo.
Intanto, però, nel chiuso del suo ufficio, Bassolino chiama tutti: parlamentari, docenti universitari, giornalisti, opinionisti, vecchi sodali. Con loro parla di Napoli. Sonda il terreno. A nessuno dice esplicitamente che intende candidarsi. Ma non c’è uno che, attaccato il telefono, non dica “Antonio è tornato. Antonio fa sul serio”.
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