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Carceri minorili, Rosaria Cataletto a Retenews24: “Mancano i mezzi”

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La rivolta nel carcere di Airola riaccende i riflettori sul tema degli istituti di detenzione per minori. Retenews24.it intervista sull’argomento la criminologa Rosaria Cataletto.

Dottoressa, quali riflessioni su quanto accaduto ad Airola?

Le posso dire quello che rimane nell’età adulta dell’esperienza del carcere minorile. Il carcere è sempre carcere, sottoposto a rigide regole, con l’idea della rieducazione, ma spesso mancano mezzi e strumenti affinché questa possa essere tale. E, di conseguenza, ci si affida al volontariato che diventa un supporto indispensabile.

Lei parla di ricordo riportato nell’età adulta. Cosa rimane?

Il senso di solitudine in primis. L’abbandono e il senso di perdita delle cose più care, gli affetti più importanti. Si associa il senso di esclusione dal mondo. L’assenza dei più normali mezzi di comunicazione, diventano possibili solo dietro domanda. Il carcere fa perdere appartenenza e di conseguenza queste si creano all’interno della struttura. L’aggregarsi a quello che è il più forte diventa indispensabile alla sopravvivenza emotiva. La solitudine attanaglia e le lacrime notturne diventano compagne fedeli.

Secondo la sua esperienza il carcere minorile è viatico per l’ingresso nel mondo della criminalità?

Di solito gli adulti con i quali mi ritrovo, iniziano a delinquere molto presto, già in età adolescenziale hanno avuto esperienze con la giustizia. Diversi passano dal minorile, qualche altro per una struttura parallela. Ma tutti hanno storie di abbandoni, lutti, dolori e condizioni che spesso nel loro infantile mondo non riescono a trovare il giusto sostegno. Per cui, l’aggregarsi a gruppi che trasmettono ai loro occhi forza è il passo successivo alla devianza.

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Un’esperienza che l’ha particolarmente colpita?

Carcere di Benevento, tre anni fa. Seguivo un progetto per il ministero di giustizia. Questo comprendeva la raccolta di dati circa la popolazione intramuraria. Un detenuto mi disse: Dottoressa nessuno nasce delinquente. Si sceglie di diventare tali, in base a come si affronta la vita. A 14 anni feci una bravata, insieme a due amici, rompemmo la cassetta delle monete di un ascensore. Su tre, fummo presi in due. In quel disperato pianto notturno io decisi che sarei diventato uomo di rispetto e che mai più avrei vissuto quella condizione con quella umiliazione e sofferenza. Il mio amico è invece diventato un imprenditore agricolo e il terzo, oggi, è uno dei miei avvocati”.

Esiste una soluzione?

La scuola è una soluzione. La cultura è una soluzione. La possibilità di vita migliore è soluzione.

Una sola frase che racchiude la sua idea di carcere ?

Il carcere è il luogo capace di trasformare la maggior parte degli uomini che entrano, in animali.