Professioni della tortura hanno ucciso Giulio Regeni, il ricercatore dell’università di Cambridge trovato morto al Cairo, in Egitto, nelle scorse settimane, dopo esser scomparso il 25 gennaio. È il risultato a cui sono arrivati gli inquirenti della Procura di Roma dopo aver esaminato il computer del ragazzo, collaboratore del quotidiano ‘Il Manifesto’. Il pc, consegnato ai magistrati dai genitori di Regeni, evidenzia anche come non vi sia nessun rapporto tra il giovane e servizi segreti, né italiani né di altri Paesi. Dall’analisi dei file è emerso che il ricercatore non aveva avuto contatti con persone equivoche e tantomeno che i dati raccolti nell’ambito delle sue ricerche siano uscite fuori dall’ambito universitario.
L’indagine la settimana prossima dovrebbe vivere un’importante accelerazione dovuta ai risultati definitivi dell’autopsia e dell’arrivo delle carte fornite dagli inquirenti egiziani. Ai magistrati di piazzale Clodio comunque non risulta che Regeni fosse schedato dalle autorità egiziane, ipotesi circolato per una foto scattata al ricercatore durante l’assemblea di un sindacato indipendente.
L’indagine della Procura di Roma esclude inoltre la possibilità che l’omicidio sia legato alla droga, dall’autopsia non è emersa alcuna traccia di sostanze stupefacenti, ad una rapina o ad un fatto passionale. Intanto in Italia si moltiplicano le iniziative per ricordare Giulio: l’Università di Padova ha dedicato a Regeni la giornata di apertura dell’anno accademico. CONTINUA A LEGGERE
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