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lunedì, 12 novembre 2018

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Ci siamo. In queste ore milioni di italiani si stanno recando alle urne per esprimersi sul referendum costituzionale. Ma anche, e forse soprattutto, per esprimere un giudizio sul Governo Renzi.

Perché, ed è inutile girarci intorno, la posta in palio è questa. Un Sì o un No al quesito referendario e, insieme, un Si o un No a Matteo Renzi.

Il vero ping pong, oltre a quello che c’è fra Camera e Senato grazie a un bicameralismo perfetto solo per definizione, è stato per tutta questa estenuante campagna referendaria quello fra “personalizzazione” e “spersonalizzazione”.

Matteo Renzi alla fine, nonostante i consigli di Giorgio Napolitano vero padre nobile di questa riforma, ha deciso di sfidare tutto e tutti.

 

Un rischio enorme, certo. Un azzardo, sicuramente. Ma all’ex scout di Rignano una cosa va riconosciuta, il coraggio.

Contro di lui una parte del suo partito e la stragrande maggioranza dell’arco costituzionale. Da Rifondazione Comunista a Casa Pound per capirci. Passando per Forza Italia che la riforma in Parlamento l’ha votata in vari passaggi salvo far saltare in banco in nome, Cavaliere dixit, del mancato accordo sul Quirinale. Per finire al Movimento 5 stelle scatenato nel denunciare la “violenza” alla Costituzione repubblicana.

Numeri alla mano, dato lo schieramento in campo, l’impresa del SI’ appare impossibile. Eppure nell’ultima settimana il clima è cambiato.

Tutti i sondaggi, sebbene dalla Brexit a Trump ci dicano quanto ormai poco siano affidabili, segnalano un SI fra il 46 e il 48% e un NO fra il 52 e il 54%. Ma ancora tanti sono gli indecisi, e molti di loro decideranno solo nel tragitto da casa fino alle urne cosa votare.

Per non parlare del tanto, spesso strumentalmente, discusso voto degli italiani all’estero. Che a quanto pare è stato massiccio.

Partita aperta, quindi.

Dovesse vincere il SI Matteo Renzi avrebbe realizzato uno strike di rara portata. Gli avversari, a partire dai 5 stelle per finire alla minoranza PD, ne riceverebbero un colpo difficilmente recuperabile.

Ma se, come probabile secondo i famosi sondaggi, dovesse vincere il NO cosa succederebbe?

Non c’è dubbio che molto, nelle valutazioni renziane, dipenderà dallo scarto fra i favorevoli e i contrari alla riforma.

Ma in ogni caso è facilmente ipotizzabile che, in caso di sconfitta del SI, Renzi lunedì pomeriggio salirebbe al Quirinale da Sergio Mattarella per rimettere il suo mandato.

Le parole profetiche, a tal proposito, di Graziano Delrio sono state molto chiare.

A quel punto si aprirebbero le danze. Perché il Presidente della Repubblica, in assenza della sfiducia delle Camere, rimanderebbe alle stesse Renzi per completare l’iter della Legge di Stabilità e per verificare se c’è una maggioranza che possa fare la vera unica riforma che occorre a questa legislatura per esaurire il suo ciclo. Quella elettorale, magari un Mattarellum 2.0 con un misto di collegi piccoli e quota proporzionale ma senza il ballottaggio che, con ogni probabilità, consegnerebbe il paese al Movimento 5 stelle.

E allora il Nazareno bis non sarebbe un miraggio. Perché con una sconfitta di misura Renzi dimostrebbe di avere un consenso non trascurabile (i SI sono voti pro Renzi mentre i voti per il NO dovrebbero dividerseli in parecchi), e perché in fondo lo stesso Berlusconi  non è convinto di fare la spalla a Salvini per portare lui, o al massimo Giovanni Toti, a Palazzo Chigi. Magari attraverso le odiatissime Primarie.

Se proprio deve sedersi a un tavolo, Berlusconi, preferirebbe farlo con “l’unico leader politico che c’è nel paese”.

Perché, cantava Venditti, certi amori non finiscono fanno dei giri immensi e poi ritornano.

Poche ore al verdetto. Poi comunque vada domani, 5 Dicembre 2016, sorgerà il sole.

 

di Lorenzo Crea Direttore Retenews24