Azzerare tutto anche attraverso uno scontro all’ultimo sangue per far sì che emerga una nuova classe dirigente capace di superare “la sommatoria di clan” che è il Partito democratico. A parlare a Retenews24 è Berardo Impegno, dirigente democratico, ex deputato e docente universitario. Chiede il congresso anticipato e guarda al futuro: “Il vero miracolo sono i Giovani democratici”
Il Pd napoletano sembra alle corde, che fare?
Dobbiamo ripartire da zero. E’ chiaro che questo non significa annullare la nostra storia, piuttosto dobbiamo riprendere e rilanciare un quadro d’insieme, cambiare radicalmente il registro. Quel poco che è stato fatto in questi anni non è più sufficiente.
La sconfitta elettorale è il sintomo di una malattia più profonda?
La crisi arriva da lontano, ci sono dei primi segnali già ai tempi di Bassolino. Poi, dalle primari dello scandalo – quelle del 2011 – e dalla candidatura di Mario Morcone sono stati persi 5 anni nel quali il Pd non è stato percepito né come forza di opposizione né come parte decisiva per il governo della città.
Valeria Valente era la candidata giusta?
Le alternative non si improvvisano. Ho sostenuto con lealtà e convinzione Valeria Valente sia alle primarie contro Antonio Bassolino, sia dopo quando è stata candidata alle elezioni. Si partiva da sotto zero, il suo era un nome possibile ma non è con una campagna elettorale che si ritrova il radicamento perso in città. La risalita di Valente è stata importante, ma il destino di sconfitta era già segnato, a Napoli, più che a Roma
In che senso?
Perché è più profonda e lunga la distanza che si è interposta tra il partito e la cittadinanza
Il segretario nazionale, Matteo Renzi, è tornato sui suoi passi e non invierà un commissario a Napoli, ha lasciato il partito a livello locale a se stesso?
Renzi ha dato ai territori la responsabilità del proprio destino. Il segretario nazionale ha dato a noi lo scettro. Non è un’assoluzione, ma un richiamo.
Cosa va fatto, allora?
La soluzione è nelle nostre mani. Va subito convocato un congresso straordinario. Il nuovo partito deve venire fuori dallo scontro nel congresso. Non servono unità fittizie, scazzottiamoci, si parli chiaro e dallo scontro venga fuori una nuova classe dirigente legittimata a guidare il nuovo corso. Il Pd a Napoli non è mai veramente nato, è per questo motivo che oggi è una sommatoria di clan, di capi bastone senza idee e programmi.
Lei, quindi, condivide la battaglia di Matteo Renzi al correntismo?
Un partito di sinistra moderno deve essere pluralista. In sé deve contenere due opzioni culturali: una liberal e una social che devono alternarsi. Se, però lo scontro è sui nomi e non sulle idee allora si arriva alla degenerazione del correntismo.
In provincia, però, i risultati elettorali non sono stati così negativi per i democratici
Il centro destra, a sua volta, soffre ancor di più di “nominalismo” ed è questa la sua più grande debolezza, tanto da permette al Partito democratico di vincere
Chi è più “colpevole”, il segretario provinciale o quello regionale?
Il segretario provinciale Venanzio Carpentieri è indifendibile e avrebbe dovuto dimettersi subito. Per quanto riguarda il segretario regionale Assunta Tartaglione, credo, abbia avuto maggiore capacità di dialogare con il partito, per quello che è, ed è un’interfaccia positivo con il governo regionale vincente
Si riparte da De Luca, quindi?
Io ho sostenuto la sua candidatura fin dalle primarie contro Andrea Cozzolino. Vincenzo De Luca ha vinto perché lui stesso è il suo programma. La buona amministrazione di Salerno è un fatto, non un’opinione
E de Magistris, come valuta le sue aspirazioni da leder nazionale?
De Magistris è una variabile ideologica dello stesso fenomeno che ha portato alla guida di Roma e Torino il Movimento 5 Stelle. Lui, però non ha nessuna prospettiva nazionale e, purtroppo, saranno i napoletani a pagare. Quello che servirebbe alla città è un sindaco che si vuole dedicare all’amministrazione e basta. Un De Luca napoletano
La sua critica feroce al partito è vicina a quella di un suo “nemico” politico, Antonio Basolino. E’ un segnale?
Interpretiamo la realtà e, come insegna Marx, la realtà ha ragione sulle opinioni. Lui è un talento naturale, ma il suo tempo è superato e, prima se ne convince, prima potrà essere di aiuto a una nuova classe dirigente
Ma c’è questa nuova classe dirigente pronta a emergere?
Le condizioni oggettive, vanno valutate quelle soggettive. Io conto molto sui Giovani democratici, perchè a 20 anni, in questo contesto di scontro tra clan, è miracolosa la loro passione politica. Sono loro il presente, non il futuro del Pd
E’ stato un errore dare vita al Pd?
Non ho nessuna nostalgia del passato. La tradizione della Dc e del Pci erano già esaurite, in Italia era fondamentale che avessimo un partito moderno che recuperasse i ritardi. In questa ottica sono fiero di essere tra i fondatori del Partito democratico