Il castigliano incrocia il dialetto partenopeo nel Calderón di Pasolini, in scena al Nuovo

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Il castigliano incrocia il dialetto partenopeo <br> nel Calderón di Pasolini, in scena al Nuovo

Amore, incesto, follia e rivoluzione ai tempi della Spagna franchista nel Calderón di Pier Paolo Pasolini, dove il castigliano incrocia il dialetto partenopeo. La pièce, in scena al teatro Nuovo ancora fino al 28 febbraio, è una produzione Teatri Uniti in collaborazione con l’Università della Calabria, per la regia di Francesco Saponaro e con Andrea Renzi, Maria Laila Fernandez, Clio Cipolletta, Francesco Maria Cordella, Luigi Bignone e la partecipazione filmata di Anna Bonaiuto. Prima opera teatrale di Pasolini, che si ispira a La vida es un sueño di Pedro Calderón de La Barca, la storia è ambientata nella Spagna franchista del 1967, correlativo oggettivo del nostro presente, consegnato dalla storia al fallimento definitivo dei sogni e delle utopie. Con questo lavoro, lo scrittore friulano si rivolgeva direttamente alla classe borghese. Il tono è infatti polemico, orientato alla politica e al racconto degli avvenimenti di attualità di quegli anni. A fare da scenario alla vicenda è il capolavoro di Velàzques, Las Meninas, dipinto dal carattere forte e ambiguo, che rimanda al rapporto intenso che l’autore aveva con le arti figurative.

Un testo complesso, una sfida per Saponaro: “Un dramma pervaso dal rapporto feroce tra individuo e potere, dal dubbio e dallo smarrimento, in una costante alternanza fra realtà e allucinazione. Un copione sovversivo – si legge dalle note di regia – perché accompagna le regole del teatro convenzionale borghese, che negli anni ’60 andava per la maggiore, con un intreccio e una complessità linguistica che attraversano molteplici fenomeni, chiaramente derivati dalla sua esperienza intellettuale”. La dimensione onirica è protagonista di questo testo. Il sogno è qui inteso come “viaggio persecutorio” che trasporta Rosaura (Maria Laila Fernandez) attraverso tre diverse identità e contesti sociali: la si vede infatti dapprima nei panni di una ricca aristocratica, poi prostituta – dove emerge l’innesto idiomatico tra castigliano e dialetto napoletano – e infine piccolo borghese. “Io sono estranea a tutti qui dentro”, dice la protagonista che si risveglia, dimentica se stessa, trovandosi in differenti condizioni sociali da cui è impossibile evadere.

Nella messinscena di Saponaro, il testo pasoliniano si mescola alla tecnologia: nel dialogo con Doña Lupe (Anna Bonaiuto che interagisce attraverso un video), Andrea Renzi concede un’interpretazione straordinaria. I tre sogni di Rosaura, che rifiuta il contesto in cui vive passando per pazza, si rivelano una persecuzione. La dimensione onirica è, per lei, estraniamento e rifiuto della realtà. Nulla si può di fronte all’oppressione del potere, vuole dirci il testo di Pasolini, e “Tutte le felicità umane finiscono col dissolversi come un sogno”. 

Teatri Uniti - in collaborazione con Università della Calabria CALDERÓN di Pier Paolo Pasolini regia Francesco Saponaro con Maria Laila Fernandez, Clio Cipolletta, Andrea Renzi, Francesco Maria Cordella, Luigi Bignone e con la partecipazione filmata di Anna Bonaiuto scene Lino Fiorito costumi Ortensia De Francesco luci Cesare Accetta suono Daghi Rondanini

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