"Caro testa a pinolo, io in vacanza ci vado". Risponde così Iacopo Melio, disabile di 22 anni di Cerreto Guidi, ideatore della campagna #vorreiprendereiltreno, ad un anonimo utente di Tripadvisor che il 1 giugno si lamentava con un post della presenza di un gruppo di disabili nella struttura alberghiera dov’era in vacanza, il Villaggio Lido d’Abruzzo «Per i miei figli non è un bello spettacolo vedere dalla mattina alla sera persone che soffrono su una carrozzina» scrive l’utente. Il commento del padre è stato portato alla ribalta dalla giornalista e blogger Selvaggia Lucarelli e poi rilanciato dal giovane studente che due anni fa iniziò una battaglia contro le barriere architettoniche lanciando l’hashtag #vorreiprendereiltreno divenuto poi un’associazione. Melio non ci ha pensato due volte e ha scritto una lunga risposta su Facebook a quel padre anonimo allegando l’immagine del commento. Un post che in un giorno ha avuto più di 42 mila condivisioni ed è diventato virale. Nei giorni scorsi la recensione è stata cancellata, dopo varie segnalazioni.
«Se mai un giorno avrò dei figli vorrò insegnare loro che la vera disabilità è negli occhi di chi guarda, di chi non comprende che dalle diversità possiamo solo imparare - scrive Iacopo - Disabile è chi non è in grado di provare empatia
mettendosi nei panni degli altri, di mescolarsi affamato con altre esistenze, di adottare punti di vista inediti per pura e semplice curiosità». Iacopo apostrofa l’utente con «testa a pinolo», divenuto in poche ore un altro hashtag legato all’associazione e di cui è stata fatta anche una maglietta per sostenere le iniziative di #vorreiprendereiltreno. Lo studente cerca di spiegare nella lettera che la sua carrozzina non è un ostacolo: «Ecco, caro il mio testa a pinolo. Se un giorno avrò dei figli saranno sicuramente più fortunati dei tuoi che, poveracci, di colpe non ne hanno. Più fortunati perché scopriranno che la mia carrozzina non è né più né meno di un paio di scarpe nuove con le quali iniziare viaggi, avventure, sogni, destini, speranze. Se un giorno avrò dei figli sapranno che il dolore, quello vero, è nascosto nell’indifferenza e non nella malattia. Che i brutti spettacoli del mondo ce li ha sempre “regalati” la cattiveria umana e mai la dignità. Che il mondo è popolato da persone diverse ma con gli stessi diritti. Che non esiste libertà abbastanza grande di quella che possiamo prenderci per essere felici. Perché vivere significa questo: esser messi in condizioni di poter fare del nostro destino ciò che si vuole, senza mancare di rispetto (ah, che bella parola!) a chi ci staintorno»