Lo straniero napoletano
Commuove il gesto di Anatolij Korol, il muratore ucraino ucciso da due banditi perché ha tentato
di sventare una rapina. E si infiamma l’assurdo dibattito: gli immigrati hanno senso civico
i napoletani no. E i casi di Maurizio Estate e Davide Sannino, ammazzati per il loro coraggio?
di Antonio Menna
“Juve merda, Juve merda”. Urla e ride, correndo come un robot, il bambino con gli occhi a mandorla, al secondo gol della Roma, mentre rumoreggia tutto il Vicolo Portacarrese a Montecalvario nei Quartieri Spagnoli. Domenica combattuta nel cuore di Napoli: meglio l’odiata Roma o l’odiatissima Juve? Il bambino con gli occhi a mandorla ha sciolto ogni dubbio. La Juve perde, è festa. Corre da un basso all’altro, ride felice, con i calzoni corti e una canottiera. Se lo guardi di spalle, è l’immagine dello scugnizzo napoletano. Agile e furbo, fin nelle pieghe della postura. Poi si volta e mostra il viso. E’ cinese. Si chiama Ang. Ma per tutti è Angioletto.
“Tengo sei anni”, dice con un accento napoletano che fa impressione. La mamma è cameriera in una trattoria nei Quartieri. Il papà lava i piatti in cucina. Da Canton a Napoli, otto anni fa: la coppia lavora anche di domenica, e nel frattempo il bimbo viene “tenuto” da donna Olimpia, una vedova che vive in un basso e che arrotonda la pensione facendo la nonna sitter nel suo basso. “Ho cresciuto più bambini io che una maestra dell’asilo”, dice. Solo che da qualche anno le lasciano soprattutto piccoli stranieri. Bimbi cinesi cresciuti a parmigiane di melanzane. Bambine indiane tirate su a frittatine di maccheroni e merende con nutella e pan carrè. Altro che integrazione. Qui lo straniero non esiste.
“Siamo tutti figli di Dio”, sospira donna Olimpia, mentre sul televisore scorrono le immagini dei naufraghi senza un filo di aria, uccisi nella fuga verso il Nord. Vista dal cuore di Napoli, sembra di un altro pianeta la contrapposizione tra gli italiani “che non possono mangiare” e “gli stranieri che ci tolgono il pane”. Sarà che la fame non ha colore. Sarà che la strada educa all’apertura. Sarà che se tieni sempre aperte le porte di casa, non puoi non tenere anche quelle del tuo Paese. Ecco perché sorprende l’insolito e patetico dibattito che si è aperto in queste ore sul gesto di Anatolij Korol, il muratore ucraino ucciso sabato da due banditi in un supermercato di Castello di Cisterna (Napoli) mentre interveniva per sventare una rapina.
L’impeto con cui ha lanciato il suo corpo e la sua vita contro i rapinatori non è la tensione dello straniero che ha più senso civico degli autoctoni (come si legge in giro) ma la mossa di un napoletano vero. Uno straniero napoletano. Non solo perché di uomini coraggiosi e con senso civico, che si sono giocati la vita per la legalità, è piena la storia di Napoli (ricordiamo Maurizio Estate, ucciso a 17 anni per aver sventato uno scippo? O Davide Sannino, ammazzato a 19 anni per aver affrontato i rapinatori di uno scooter?). Ma anche perché chi conosce il tessuto sociale di questa città sa che tutto, qui, si incolla alle facce e diventa maschera di umanità. Lo straniero è chi viene da fuori e lo sei anche se nasci al Vomero e ti sposti a Chiaia. Ma è un attimo. La rivendicazione di una identità assunta sorniona senza che mai diventi contrapposizione. Così i bambini cinesi nei Quartieri parlano in dialetto. I ragazzi indiani giocano a Badminton in via Toledo, quando la folla sfuma. I figli degli africani palleggiano nei giardini del Molosiglio sotto lo sguardo ammirato dei passanti.
Non c’è lo straniero col senso civico e il napoletano che si tiene le rapine. C’è l’uomo col coraggio e quello senza. C’è chi si butta nella mischia e chi non lo fa. C’è Anatolij e c’è Maurizio. E poi ci sono migliaia di facce anonime che passano via. Lo denuncia anche Francesco Bassini, un blogger napoletano vittima di un violento tentativo di rapina a mano armata nella zona del Museo, da cui per fortuna è uscito sano e salvo. “Mi guardo intorno – ha raccontato – e osservo i passanti che mi guardano senza avvicinarmi, anche solo per aiutarmi a tenermi in piedi, manco fossi un appestato, quello che tutto sommato se avesse cacciato “portafoglio e cellulare” non avrebbe avuto problemi.”
In quella folla indifferente c’erano napoletani o stranieri? C’erano uomini e donne che a volte – spesso – passano oltre. Altre, invece, decidono di agire. Il problema è che diventano eroi, mentre sono “solo” persone comuni.
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