Tre aziende nella provincia di Agrigento, partecipazioni societarie, decine di rapporti finanziari e autovetture: la polizia tributaria della Guardia di Finanza di Palermo ha sequestrato beni per un valore di oltre 20 milioni di euro ad un imprenditore 46enne di Agrigento.
L’uomo era già stato indagato per associazione mafiosa nell’ambito dell’operazione Maginot del 2011 e per bancarotta fraudolenta, intestazione fittizia di beni e truffa. Era stato condannato a luglio 2015 per aver favorito la latitanza del capo-mafia di Agrigento Giuseppe Falsone. L’imprenditore dopo la condanna di primo grado era stato assolto dall’accusa di associazione mafiosa, ma la ricostruzione del suo profilo da parte delle fiamme gialle della Guardia di Finanza ha messo in evidenza la sua pericolosità sociale.
Negli anni, il 46enne ha costruito un impero economico intestato anche alle sorelle e basato sul cemento attraverso società che gestivano cave ed imprese edili, che ha poi messo anche a disposizione del boss per favorirne la latitanza. Il capo-mafia con dei documenti falsi figurava come dipendente con mansioni di trasportatore in una delle società dell’imprenditore costituita appositamente.
Le indagini hanno permesso inoltre di dimostrare la sperequazione fra il patrimonio accumulato ed i redditi dichiarati dal nucleo familiare dell’imprenditore 46enne. Su questa base è stato disposto il sequestro. Una maxi operazione, dunque, del nucleo della polizia tributaria della Guardia di Finanza di Palermo che ha sequestrato così beni per un valore superiore a 20 milioni di euro nella provincia di Agrigento.